Gustavo Mazè de la Roche nasce a Torino il 27 luglio del 1824 e muore nella città sabauda per una caduta da cavallo il 29 marzo del 1886.
Durante la commemorazione funebre relativa a Gustavo Mazè de la Roche tenutasi il 31 marzo 1886 presso il senato del regno, il generale Cadorna parla di lui come di un uomo dal carattere antico, vero tipo di soldato, inflessibile nelle esigenze delle discipline militari, e ad un tempo, compiacente ed amorevole padre verso i suoi dipendenti: la sua memoria rimarrà sempre cara ai superstiti, la memoria dei perfetto e colto gentiluomo, dell’intemerato cittadino, dell’illustre cooperatore al glorioso risorgimento d’Italia.
In effetti è stato un cooperatore del risorgimento d’Italia, a capo della XII divisione che il 20 settembre 1870 insieme ad altre due divisioni apre la breccia di Porta Pia che sancisce la definitiva annessione di Roma al Regno d’Italia, quindi una pedina importante nella storia dell’Unità d’Italia.
Ma Gustavo Mazè de la Roche non è “rinomato” solo per questo.
Nei primi anni sessanta dell’ottocento in Capitanata (l’attuale provincia di Foggia) il problema del brigantaggio affliggeva pesantemente i Comuni ed i suoi abitanti tanto che il governo decide di inviare massicce forze per dare una stretta repressiva e risolvere quella che viene chiamata la questione meridionale.
Gustavo Mazè de la Roche viene messo comandante in capo delle forze piemontesi nella regione e non esita ad utilizzare qualunque mezzo per annientare le numerose bande di briganti che spargevano il terrore in tutta la provincia.
La situazione è appesantita dai focolai di “antipiemontesi” che però con i briganti avevano veramente poco a che fare, ma che comunque organizzavano piccoli focolai di rivolta contro uno stato appena costituito e che ancora non viene riconosciuto.
Gustavo Mazè de la Roche non esita, non perde tempo inutilmente, non ama dilungarsi in parole; i briganti si nascondono nella foresta? Abbruciamo la foresta!
E così ha fatto, un’intera foresta data alle fiamme a pochi chilometri da Troia con i soldati appostati ai margini con moschetto in mano pronti a sparare a tutti coloro che cercavano di scappare.
In un’altra occasione, saputo che alcuni briganti si erano nascosti in un piccolo comune della provincia, ha incendiato l’intero paese dimenticandosi però di farlo evacuare prima da donne e bambini, anche in questa occasione i soldati ai margini sparano ai fuggitivi; tanti gli arrestati, fucilati successivamente dopo sommari processi, innumerevoli i morti.
Una careneficina.
Un plauso a Gustavo Mazè de la Roche per aver sconfitto il brigantaggio? Quale il prezzo? Quanti i morti? Ed erano davvero tutti briganti?
Le cifre sono da capogiro morti e feriti non si contano, ma il risultato voluto è stato ottenuto con un pugno di ferro che ha annientato e distrutto, forzato e costretto, sterminato e sfibrato, un’intera regione. I suoi abitanti se non sono morti, è vero, sono diventati italiani.
“Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli italiani” diceva Massimo d’Azeglio, cogliendo nel segno ‘rispetto ai limiti di riunificazione’.
Gustavo Mazè de la Roche probabilmente non era dello stesso avviso, probabilmente non amava perdere, probabilmente eseguiva degli ordini, probabilmente, probabilmente, probabilmente…
Bibliografia
Controstoria dell’Unità d’Italia: fatti e misfatti del Risorgimento – Gigi Fiore – BUR Biblioteca Univ. Rizzoli.
Giù al sud: perchè i terroni salveranno l’Italia – Pino Aprile – Edizioni Piemme
Due Sicilie. 1830-1880. Cronaca della disfatta – Antonio Pagano – Capone Editore
www.senato.it