In Italia la storia del cioccolato inizia proprio a Torino nel 1559 quando Emanuele Filiberto di Savoia (generale dell’esercito di Carlo V di Spagna), torna in patria dopo la pace di Chateau Cambrésis.
Di ritorno dal viaggio porta con se alcuni semi di cacao che saranno serviti sottoforma di bevanda calda l’anno successivo. L’occasione? Celebrare i festeggiamenti di Torino nuova capitale del Regno di Savoia dopo Chambery.
Ma è verso la fine del XVI secolo che, probabilmente portato da Caterina, figlia di Filippo II di Spagna e data in sposa a Carlo Emanuele I duca di Savoia, la cioccolata inizia ad affermarsi nel capoluogo piemontese.
Sempre a Torino l’apparizione del primo locale atto a degustare la cioccolata, la “cioccolateria” prima mescita pubblica (il nostro attuale Bar).
Nel 1678 G.A. Ari presenta a Maria Giovanna Battista di Savoia, seconda Madama Reale, reggente per il figlio Vittorio Amedeo II, la richiesta di una patente per “vendere pubblicamente la cioccolata in bevanda per anni sei prossimi dalla data della presente” la risposta della Madama Reale “abbiamo accondisceso volentieri alla sua demanda per essere lui il primo introduttore”.
Torino incomincia così il suo fidanzamento con il cacao e diventa punto nevralgico nella storia europea per l’espansione del cioccolato. Alla fine del 1600 se ne producevano circa 750 libbre al giorno (corrispondenti a 350 kg di oggi) che veniva esportato anche in Svizzera, Germania e Francia.
Stiamo parlando di cacao trasformato, da utilizzare come bevanda. A quell’epoca veniva usato un rudimentale procedimento che consisteva nel far scorrere manualmente, su una pietra, un rullo di ferro per frantumare le fave di cacao.
In Piemonte e soprattutto a Torino nel XVIII secolo si consolida l’usanza di consumare a colazione bevande a base di caffè e cioccolata come la “bavareisa” (composta da caffè, cioccolato e latte).
Nel 1763 nasce un anonimo locale che fa del “mischio”, anch’esso preparato con caffè cioccolato e latte, il punto di forza della sua storia. Nel 1840 diventerà “il bicerin”.
Il nome deriva da quella che sembra essere la versione sabauda del mischio e che farà la fortuna del rinomato locale torinese tutt’oggi arredato con gli stessi otto tavolini e favorito da Cavour.
Alexandre Dumas durante un suo viaggio a Torino nel 1852, scrisse “Parmi les belles et bonnes choses remarquées à Turin, je n’oublierai jamais le bicerin, sorte d’excellente boisson composée de café, de lait et de chocolat, qu’on sert dans tout les cafés, à un prix relativement très bas“. In italiano: “Tra le cose belle e buone rimarchevoli di Torino, non dimenticherò mai il bicerin, ottima bevanda a base di caffè, latte e cioccolato, che viene utilizzato in tutti i bar, ad un prezzo relativamente basso“
Per tutto il XVIII secolo il cibo degli dei viene esclusivamente consumato come bevanda.
C’è da notare però che nel 1674 in Inghilterra prese forma il primo abbozzo di cioccolato solido che venne chiamato “bastoncino alla spagnola”. Successivamente in Francia si produsse una sorta di cioccolato solido sottoforma di confetti (sembra che Luigi XV ne fosse un abituale consumatore) ma a prese forma il primo cioccolatino. Fu infatti un torinese, Doret, a pensarlo e successivamente a realizzarlo. Nel 1778 inventò una macchina automatica, idraulica, che permetteva di macinare pasta di cacao e vaniglia e di mescolarla allo zucchero dando origine al primo sistema industriale per creare le tavolette di cioccolata.
Il nuovo modo di consumare il cioccolato conquista immediatamente l’aristocrazia piemontese e non solo.
Nel 1826 un altro torinese Pier Paul Caffarel ottiene il brevetto da Doret e acquistata una conceria fuori Porta Susa, e la converte in un laboratorio per la produzione del cioccolato. La macchina automatica viene movimentata dalla ruota idraulica utilizzata precedentemente dalla conceria, alimentata dal torrente Pellerina.
La lavorazione del cacao non è ancora sviluppata, i semi del cacao subiscono una breve fermentazione ed essicazione dopodiché vengono macinati per ottenere una pasta di cacao ancora piuttosto grezza.
I quantitativi prodotti superano i 300 kg giornalieri per ogni macchina ed il cibo degli dei comincia la sua ascesa inarrestabile e a diventare un bene di largo consumo.
Nel 1852 Caffarel unisce all’impasto le nocciole tonde e gentili di Langa dando vita al Givù che prenderà il nome di Gianduiotto nel 1856.
Terminiamo la nostra carrellata nella storia del cioccolato ricordando le successive invenzione che hanno portato il cioccolato ad essere quello che oggi conosciamo tutti.
Nel 1828 l’olandese Conrad Van Houten brevetta il metodo per dividere il burro di cacao dal cacao amaro, la separazione permette la produzione del cioccolato sotto forma di barrette, il terzo stato solido del cioccolato dopo bevande e cioccolatini.
Il primo mastro cioccolatiere svizzero, Luis Cailler prima di aprire il proprio laboratorio studia a Torino per quattro anni da Caffarel mentre, ad un altro svizzero, si deve l’invenzione del cioccolato al latte nel 1867.
Nel 1879, sempre in Svizzera, Rudolphe Lindt inventa, o forse è più corretto dire scopre (un garzone aveva dimenticato la mescolatrice accesa durante la notte) il procedimento del concaggio. Il concaggio è un operazione di mescolamento prolungato che rende i grumi del cioccolato di dimensioni inavvertibili alla lingua donando quella consistenza morbida e vellutata all’assaggio: aveva inventato il cioccolato fondente!