Margherita di Genova, consorte di Umberto I dal 24 aprile 1868, diventa sovrana d’Italia dopo la morte di Vittorio Emanuele II, avvenuta nel 1878, e inizia quella che gli storici hanno chiamato età umbertina. La principessa: «cugina prima di Umberto, ha ricevuto l’educazione che si conviene ad un membro della famiglia reale, dimostrando interesse per gli studi, propensione per le lingue straniere e un’evidente sensibilità estetica: sul piano del carattere è istintivamente orgogliosa, consapevole del proprio rango ma priva di durezze comportamentali; la religiosità profonda ne completa il tratto, facendone una personalità adatta al ruolo di regina».
Una donna carismatica, capace a vivere in società e abile a interpretare il proprio ruolo al fianco del marito che preferiva però trascorrere il tempo con l’amante Eugenia Litta Visconti, conosciuta durante il carnevale ambrosiano del 1862. Per esigenze politiche, nel 1868, Vittorio Emanuele II annuncia il nuovo matrimonio di suo figlio Umberto con Margherita, con solenne lettera al Papa data la consanguineità che scorre tra i futuri sposi.
Il monogramma in copertina del menu, realizzato dalla tipografia Junck di Torino, raffigura le iniziali di Vittorio Emanuele su un piedistallo circondato da trionfi di selvaggina. Un puttino alato, in secondo piano, porge un vassoio con il dolce. La figura insieme esprime l’esaltazione dell’abbondanza. Le pagine interne contengono, oltre alle portate servite ai commensali, il vino Tènériffé, invecchiato per 44 anni, e il programma musicale, eseguito dal 2º reggimento di artiglieria. Inoltre, alcuni piatti sono presi dal Trattato del Vialardi, come il filets d’esturgeon à la vénitienne (filetto di storione alla veneziana).
Dedicato a Margherita
Negli anni successivi al matrimonio, cuochi e gastronomi dedicano numerosi piatti a Margherita, diventata intanto regina, come: il consumato di pollo alla margherita, la pollastra alla R.M., che prevede tartufi bianchi e fontina su un tampone basso di pane fritto, spumette R.M., costituite da una rosa bianca di pollo, una di prosciutto e una terza di fegato d’oca.
La ricetta più famosa e duratura nel tempo è la pasta o torta Margherita.
La preparazione originale, applicata da cuochi e pasticceri, utilizza quattro tuorli d’uovo con 120 g di zucchero a velo, ai quali si aggiunge il succo di un limone; si lavora l’impasto per mezz’ora, si aggiungono gli albumi, dopo averli montati a neve ferma, e infine 120 g di fecola di patate. Si versa il composto in una teglia imburrata spolverata di zucchero a velo e farina e poi si inforna.
Anche Amedeo Pettini, cuoco prestigioso della Real Casa, dedica alla regina un “biscotto”, composto da crema di vaniglia al maraschino fuori e panna montata con frutta candita e amaretti dentro.
Infine la ricetta universalmente più conosciuta è la pizza «alla Margherita», che la sovrana, incuriosita, scopre nell’estate del 1889 a Napoli. Questa città, spesso collegata alle epidemie di colera, viene frequentata assiduamente dai regnati sabaudi per fornire assistenza ai suoi abitanti. In occasione di calamità naturali, Umberto e Margherita si muovono velocemente per sostenere la gente colpita: mentre il re presiede con le autorità amministrative, la regina assiste i feriti negli ospedali, va a pregare nei luoghi di culto assieme alla gente comune e assiste i poveri. Anche se il loro rapporto privato è basato su indifferenza e rispetto reciproco, nelle occasioni importanti e in presenza dei sudditi, sono uniti e vicini ai loro sudditi.
Il “margheritismo” è dunque un fenomeno di costume, nato a fine XIX secolo, che caratterizzerà l’estetica, la composizione dei menu diffondendo la moda di dedicare le portate alla regina, che diventa simbolo femminile di devozione religiosa, animatrice dei salotti e allo stesso tempo visitatrice dei quartieri popolari, e dal punto di vista politico avversa al mondo liberale e al movimento operaio.