Il menu, principale fonte, per la storia della cucina, per capire i piatti preparati dalla brigata, e non solo, perché grafica, stile e portate gastronomiche aiutano lo studioso a comprendere mode alimentari e artistiche del periodo.
All’inizio dell’Ottocento questo piccolo e fragile pezzo di carta, in senso gastronomico, è puramente funzionale ed è il promemoria delle preparazioni che compongono i pasti della giornata, presentato e preparato dal cuoco o maggiordomo al padrone di casa. Invece assume tutt’altra funzione il cartoncino, presentato al tavolo per indicare lo svolgimento del pranzo al convitato. La diffusione è alimentata dalla nascita della litografia nel 1799, brevettata dal cecoslovacco Aloys Senefelder; vengono stampati centinaia di menu inchiostrando una pietra (litos) calcare levigata.
Entrando nel dettaglio, Pellaprat, cuoco e autore de l’Arte della Cucina Moderna, pubblicata nel 1930, elenca la successione in tavola delle portate secondo questa logica e ordine:
- Potage, zuppa: tradizionalmente iniziava il pranzo. Nella nomenclatura classica sta a significare minestra chiara non legata, semplice brodo, consommé; oppure minestra legata, avente per base una crema di legumi o altro;
- Hors-d’oeuvre: seguiva sempre il potage. Prima veniva servito l’hors-d’oeuvre caldo, costituito da tutta la gamma degli antipasti caldi, poi l’antipasto freddo;
- Pesce: un piatto di pesce, nella composizione del menu, seguiva sempre gli antipasti e precedeva le grandi portate di carne;
- Relevé: portata costituita da grandi piatti di carne, pollame oppure cacciagione. Si trattava in generale di un unico pezzo di carne arrostita o brasata con relativa guarnizione di legumi;
- Entrée: seguiva sempre il relevé ed era quasi sempre costituita da piatti salsati. Si potrebbe citare una vasta gamma di specialità per definire le entrée, iniziando dalle animelle […];
- Arrosti: seguivano le entrée. Erano costituiti da piatti di pollame o cacciagione arrostiti;
- Sorbetto: un sorbetto di frutta veniva quasi sempre servito, immediatamente dopo gli arrosti, onde predisporre il palato e lo stomaco alla degustazione di altre portate;
- Entrée fredda: quasi sempre, ma non necessariamente, venivano serviti piatti quali astici o aragoste in bellavista, pollanche fredde gelatinate, pâtês di fegato grasso ed altre preparazioni fredde;
- Entremets: il termine, difficilmente traducibile, stava ad indicare due differenti tipi di preparazione: servizi di legumi in genere, formaggi; dolci di cucina, quindi dolci quasi sempre preparati a caldo;
- Dessert: termine di comune accezione.
Le portate, massicce e numerose, subiscono nel corso dell’Ottocento differenti modifiche poiché gli stessi Re non amano troppo questi pranzi lunghi e formali: Vittorio Emanuele II preferisce agnolotti e tajarin accompagnati da un bicchiere di barolo; Umberto I ci viene descritto come frugale a tavola pur se ghiotto di gelati; Vittorio Emanuele III, incline alla semplicità e alla sobrietà, aveva però una passione per il pollo arrosto.
Graficamente i menu devono essere calibrati con criterio; semplicità ed eleganza colpiscono l’ospite facendogli ricordare il pasto e l’occasione di riunione, ricevimento o ricorrenza importante. Su di essi inoltre vengono disegnati e stampati decorazioni, acronimi, come la sigla F.E.R.T., e monogrammi dei regnanti, da Vittorio Emanuele II a Vittorio Emanuele III.
Con la morte di Vittorio Emanuele II, avvenuta nel 1878, inizia l’età umbertina, caratterizzata dalla salita al trono del figlio Umberto I e sua cugina Margherita di Savoia, figlia di Ferdinando, duca di Genova. Durante il loro regno, si aggiungono nei pranzi i programmi delle esecuzioni, stampati accanto alle portate del menu: dai balli dalla melodia festosa al melodramma. Inoltre aumentano le decorazioni, firmate da Pompeo Carafa dei duchi di Noia, autore di numerosi bozzetti che prevedono fregi e i monogrammi, fino ad essere influenzate dall’ondulata linea Liberty, sul finire del XIX secolo.