A Torino ed in tutto il Piemonte è consuetudine usare la frase “fé San Martin” quando si intende traslocare.
La frase non è un semplice luogo comune ma ha riferimenti storici importanti ed ancor oggi viene utilizzata molto più spesso di quanto si pensi. Ma perchè?
Prima della riforma dei patti agrari avvenuta nel secondo dopoguerra, l’anno agrario terminava il 10 novembre e di conseguenza il lavoro del mezzadro ed il relativo contratto di fittanza. I braccianti che venivano riconfermati dal proprietario terriero per il nuovo anno agrario, che ripartiva il giorno successivo, non avevano problemi: il posto di lavoro era mantenuto così come l’abitazione.
Per coloro che venivano licenziati, l’11 novembre, quando la chiesa ricorda San Martino di Tours, era un giorno disgraziato. Il mezzadro con la sua famiglia era praticamente messo alla porta, doveva raccogliere tutte le sue cose ed era costretto ad abbandonare casa e lavoro.
Ecco perché è tradizione utilizzare il termine “fé San Martin” (fare San Martino) quando si trasloca.
fé San Martin
Un aneddoto riferito a questo modo di dire riguarda il primo re d’Italia.
Durante la seconda guerra d’indipendenza l’esercito del regno di Sardegna sta cercando di conquistare il piccolo paese di San Martino, una piccola frazione di Desenzano del Garda.
Lo scontro è cruento e l’esito della battaglia, incerto. Vittorio Emanuele II incita i suoi soldati con la celebre frase “Fieuj, ò i pijuma San Martin ò j’auti an fan fé San Martin a noi!” (Ragazzi o prendiamo San Martino o gli altri fanno fare San Martino a noi) .
Non sarà stato un re che amava le cerimonie di rappresentanza e le cene di gala, ma sicuramente sapeva come essere concreto ed arrivare al cuore dei suoi soldati.