Finanziera, la “pausa pranzo” ottocentesca.

Finanziera, la “pausa pranzo” ottocentesca.

Finanziera la “pausa pranzo” ottocentesca.

Siamo a metà dell’Ottocento, in pieno Risorgimento sono circa le 13,00 e nelle vie del centro di Torino decine di uomini politici, banchieri e rappresentanti della finanza, abbigliati con giacca lunga (finanziera) e tuba, svuotano gli uffici per recarsi nei numerosi ristoranti della città per la loro “pausa pranzo”.
Il piatto preferito, veloce ma nutriente, è un intingolo a base di frattaglie di pollo e vitello, la “finanziera” che prenderebbe il nome proprio dalla giacca indossata da questi personaggi.

Un altra teoria fa risalire l’origine del nome al dazio pagato ai “finanzieri” alle porte della città dai contadini che si recavano a Torino per vendere i propri polli.
Questi pagavano il tributo per avere il passaggio libero con le rigaglie dei polli che speravano di vendere ai mercati torinesi, polli anche privi delle frattaglie e probabilmente neppure apprezzate dai cittadini.
I doganieri si sarebbero ingegnati ad utilizzare i prodotti ottenuti, preparando il piatto conosciuto successivamente col nome di “finanziera”.

La Finanziera

Le prime tracce di una ricetta che in qualche modo ricorda la “finanziera” la troviamo in un antico testo della seconda metà del quattrocento “il libro de arte coquinaria” di Maestro Martino dove parla di un piatto “per fare un pastello de creste e ficatelli et testiculi di galli” che ricorda molto la ricetta della tradizione piemontese.
L’origine del piatto, chiamato poi finanziera, è quasi sicuramente di estrazione contadina, veniva preparata tra la primavera e l’estate, nel periodo in cui i polli venivano castrati per diventare capponi e quindi c’era disponibilità di creste e bargigli che della finanziera sono la rappresentazione visiva.

Nell’ottocento la finanziera arriva a corte troviamo la ricetta della finanziera nei libri di Giovanni Vialardi e Francesco Chapusot, nelle loro ricette ovviamente l’onnipresente tartufo e delle piccole quenelles sostituiscono le polpettine di carne.
La zona di origine del piatto è la campagna circostante Torino, poi come tutte le cose eccellenti, in poco tempo si è estesa in tutto il Piemonte.
La finanziera è una vivanda decisamente particolare, non ha vie di mezzo, piace o non piace, il gusto leggermente acidulo a volte dolciastro, gli ingredienti utilizzati, decisamente atipici, la rendono una pietanza con un gusto marcato, netto, da gustare come portata a sé o accompagnata da riso bollito, magari senza i soliti voul-au-vent che ne celano il sapore.

Finanziera

INGREDIENTI PER 6 PERSONE
100 g cervella di vitello
100 g filoni di vitello
100 g animelle di vitello (lacèt)
100 g creste bargigli e “ovette” di gallo
100 g di testicoli di vitello (grisèle)
100 g polpa di vitello tritata
1 uovo
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
100 g di funghi porcini sott’olio
1 dl di marsala secco
3 cucchiai di aceto di vino rosso
50 g di farina
50 g di burro
sale – pepe

PREPARAZIONE

Porre le animelle e le grisèle in una tegame, ricoprirle d’acqua, mettere il recipiente sul fuoco e lasciare bollire per cinque minuti, quindi lasciare raffreddare sotto acqua corrente; dopo di che scolare, levare la pellicina che la ricopre le animelle e tagliare il tutto a dadini.
Mettere le creste ed i bargigli in una casseruola, ricoprirli d’acqua, salare e porre a fuoco; appena l’acqua comincerà a scaldarsi, prendere fra le dita una cresta (uguale per i bargigli), stropicciarla e, se la pelle si stacca levare il recipiente dal fuoco. Scolare e porli sopra un canovaccio, spolverizzarli di sale fino; aiutandosi con le mani, strofinarli bene nel tessuto levando loro completamente la pelle, bucherellare con un ago poi metterli in un recipiente con acqua fredda salata; lasciandoli così per almeno quattro ore, cambiando l’acqua ripetutamente affinché le creste e i bargigli rimangano bianchi;
Mettere a bagno in acqua fredda le ovette di pollo, immergerle poi in acqua bollente, ma a fuoco spento; quando questa si sarà raffreddata, scolare le ovette e levare la pellicina che le ricopre. Porre a fuoco un poco di acqua e appena alzerà il bollore levare il recipiente, immergervi le ovette e lasciarvele fino a quando l’acqua si sarà raffreddata.
Sbollentate cervella e filoni in acqua salata e leggermente acidulata, lasciarli raffreddare e tagliare anch’essi a dadini.

Amalgamare la carne tritata con l’uovo intero, il parmigiano il sale e il pepe e ricavatene delle piccole palline poco più grandi di una nocciola.
Porre sul fuoco una casseruola con il burro, appena sarà sciolto unire le polpettine di carne precedentemente infarinate; salarle e farle rosolare un poco. Unire poi nell’ordine, i lacèt, le grisèle, le creste, i bargigli, i filoni, le cervella e per ultimo aggiungere le ovette e le cervella infarinando leggermente gli ingredienti prima di aggiungerli al tegame; a metà cottura mettervi i funghetti tagliati a dadini. Lasciare cuocere a fuoco lento mescolando ogni tanto affinché non si attacchino al fondo del recipiente. A cottura quasi ultimata versare sulle carni l’aceto e il marsala. Se l’intingolo risultasse troppo forte unire una puntina di zucchero. Servire ben caldo.

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