Chi era costui?
Insigne fisico e matematico, nato a mondovì il 4 ottobre 1716 ma torinese di adozione fu tra i più illustri scienziati del suo tempo.
Ma vediamo brevemente la sua vita.
A sedici anni entra a far parte dell’ordine degli Scolopi, un termine di S. Giuseppe Calasanzio (1557-1648), nato dall’accostamento delle parole ‘scuola’ e ‘pia’, per l’appunto “Scolopi” o “Religiosi delle scuole Pie” utilizzato ufficialmente nei documenti reali dal XVIII sec. Fin da subito si scopre portato per i calcoli, e vedremo più avanti il perché.
Questa fama farà sì che il re Carlo Emanuele III lo noti e successivamente lo chiami all’Università di Torino nel 1748 per insegnare Fisica. E fin qui sembrerebbe tutto normale, ma in realtà nella capitale del regno sabaudo approfondirà i suoi studi di elettrostatica tanto da arrivare, nella sua casa di via Po al numero 2, all’installazione del primo parafulmine in Italia. Grazie ai suoi esperimenti e ai suoi successi nel campo dell’elettricismo naturale ed artificiale verrà fatto tradurre in inglese per intercessione dello stesso Benjamin Franklin un suo volume sull’argomento “Dell’elettricismo artificiale e naturale” (1753), avvenimento che gli spalancherà le porte della Royal Society, procurandogli una notevole fama oltremanica.
Continuando la nostra storia, nel 1760 sempre Carlo Emanuele III gli darà l’incarico di misurare l’arco di un meridiano passante per il Piemonte scegliendo quello tra Andrate e Mondovì, avvalendosi di una serie di triangolazioni geodetiche che avevano i vertici a Rivoli, Balangero, Andrate, Bianzè, Superga, Sanfrè, Saluzzo, Mondovì e la stessa Torino. I risultati ottenuti furono pubblicati nel 1774 con il titolo di “Gradus Taurinensis”, lo stesso termine che ancora oggi usano gli studiosi per ricordare gli sforzi prodigati dal Beccaria.
Tuttavia la gloria degli uomini, come era solito dire Shakespeare, “è come un cerchio nell’acqua, che non cessa mai di allargarsi, finché, a furia di spandersi, si sperde nel nulla”e così avvenne del povero Giovan Battista, il quale dopo la sua dipartita, avvenuta il 27 maggio 1781 a Torino, non venne ricordato dai posteri come si conveniva e la sua memoria cadde nell’oblio; infatti non troverete nessuna lapide che vi indicherà la sua abitazione e per dirla tutta, non trovarono a suo tempo nemmeno il denaro necessario per garantirgli una degna sepoltura. Se volessimo però cercare traccia del passaggio di questo personaggio spesso bistrattato o appena accennato nei giri turistici, allora basterà recarsi nella zona di piazza Statuto a Torino o in quel di Rivoli per veder ivi ricreate due piccoli obelischi sorti sugli stessi punti sui quali Beccaria calcolò il meridiano passante per Torino.
Una piccola curiosità, al di là della solita leggenda secondo cui sotto la piramide torinese si celerebbe il passaggio al regno degli inferi, è quella secondo la quale sotto le due sculture ancora si trovino due pietre che lo stesso scienziato sembra abbia seppellito durante i suoi studi segnando gli estremi della misurazione tra Torino e la cittadina di Rivoli.
Infine, se avete anche voi provato simpatia per la vita di quest’uomo dal grande ingegno, non chiamatelo Giovan Battista, quel nome lo scelse quando entrò nell’ordine degli Scolopi, ma Francesco; e chissà che, per dirla come il poeta Garelli, “coul nost grand om / ch’andasia su ant le steile / a fichè ‘l nas” da lassù non ci faccia un sorriso… a forma di fulmine, magari.
Cerea, né.
Ciauturin
Immagini: Ritratto di Beccaria | Targa Mondovì di Maurizio Codogno, Opera propria, CC BY-SA 3.0
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