Giovanni Vialardi e Francesco Chapusot

Giovanni Vialardi e Francesco Chapusot

Oggi affrontiamo due cuochi risorgimentali che hanno portato molteplici innovazioni sia nel modo di gestire i pranzi e cerimonie e sia nel trattare differenti ingredienti eseguendo ricette innovative: Giovanni Vialardi, aiuto cuoco e pasticcere alla corte sabauda, prima sotto Carlo Alberto e poi sotto Vittorio Emanuele II, e Francesco Chapusot, capocuoco dell’ambasciata inglese a Torino.

Giovanni Vialardi

Giovanni Vialardi nasce a Salussola, in provincia di Biella, l’8 febbraio 1804 da Giovanni Battista e da Margherita Maffeo, entrambi biellesi. Nel 1824, giovanissimo, viene ammesso alla Corte di Carlo Alberto, principe di Carignano, e vi rimane per ventinove anni, fino al 1853. Nel 1831, dopo la morte di Carlo Felice, il principe sale al trono e ottiene il titolo di Re di Sardegna; il biellese segue il Re a Palazzo Reale e diventa aiutante del capocuoco della Real Casa. Vialardi ricopre questo ruolo fino al 1847, in cui raggiunge per un anno soltanto la massima carica insieme a Domenico Gromont.
È difficile ascendere al ruolo di capocuoco se si è nati in Italia, e a parte il 1847, i capicuochi più autorevoli dei Savoia sono francesi, come Ayers ed Hélouis. Nell’Ottocento la pasticceria, grazie al lavoro  di Carême iniziato qualche decennio prima, inizia ad assumere blasone anche nelle corti aristocratiche. Questa maggiore settorializzazione permette al cuoco di Salussola di assumere importanza e prestigio, soprattutto nell’ambito dell’arte pasticcera, grazie alla propria abilità nel presentare i piatti, creati e curati con scenografie, decorazioni e ornamenti.
Le specialità culinarie, disegnate dal Vialardi e contenute nel suo Trattato, pubblicato per la prima volta nel 1854 dalla tipografia Favale di Torino, testimoniano l’interesse e la partecipazione al clima culturale in Torino. Nel Trattato di cucina  pasticceria moderna credenza e relativa confettureria, il biellese, in quanto cuoco, spiega al lettore che non deve pretendere di trovare precisa cura espositiva e sintattica. Sottolinea come l’Italia non è seconda a nessun altra Nazione nella preparazione dei cibi e già i romani, appresa dai greci l’arte della gastronomia, grazie ad Apicio, cuoco più importante della prima età imperiale, impararono i riti di servizio delle vivande che i francesi hanno appreso dai più famosi cuochi italiani.
Spiega inoltre preparazioni, modo di apparecchiare la tavola, tecniche, metodi di preparazioni, utili a realizzare un pranzo elegante e ben riuscito, e per la prima volta in un testo troviamo l’adozione del sistema metrico decimale. Quest’ultimo, diventato obbligatorio dal 1801, sospeso per l’opposizione di Napoleone, viene ripristinato in Francia nel 1840. Le nuove unità di misura, entrate in vigore nel Regno di Sardegna dall’11 settembre 1845, permettono l’unificazione in pesi e misure qualche decennio prima dell’Unità d’Italia. Dopo la prefazione, il Vialardi fornisce un ragguaglio sul nuovo sistema di misure per mettere al corrente il lettore, abituato alle precedenti unità – oncia, libbre e rubbo. Con l’attuazione di questo sistema, le ricette dunque sono riproducibili fedelmente nei dettagli ancora oggi.
Il Trattato, ristampato fino al 1894, ha avuto grande successo finché alcune ricette, reinventate, alleggerite e riadattate in un testo dal titolo Il piccolo Vialardi, cucina semplice ed economica vengono superate dal lavoro gastronomico unitario di Pellegrino Artusi. Vialardi nel 1862 dà alle stampe il suo secondo e ultimo testo: Cucina borghese semplice ed economica, editato dalla tipografia torinese Favale. L’impostazione metodologica e i suggerimenti di come trattare gli alimenti sono gli stessi del primo, ma la differenza è che vengono affrontate ricette più semplici, fatte con ingredienti facilmente reperibili e meno costosi. Al ventinovesimo anno di attività, il cuoco di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II ottiene il pensionamento e si ritira a Brusasco, piccolo comune in provincia di Torino, nella casa della moglie, Giacinta Davico, dove muore il 29 agosto 1872.

Francesco Chapusot

Francesco Chapusot, nato a Plombières-les-Dijon nel 1799, lavora a Torino come capocuoco per l’ambasciatore inglese Ralph D’Abercromby dal 1841 al 1851. Apprezza molto alimenti tipici del Piemonte come il bue, considerato alimento principe e salutare per l’uomo, il brodo, somministrato a commensali dagli stomaci deboli, e le rane. Preferisce il burro all’olio, che considera nauseante, come grasso di frittura. Il testo principale, dove trovare ricette, preparazioni e consigli sul reperimento delle materie prime è La cucina sana, economica ed elegante secondo le stazioni, messa alle stampe dalla tipografia Favale nel 1846. Nel “programma” iniziale Chapusot, ai fornelli da venticinque anni, espone la mancanza di scuole culinarie e libri dove si possa imparare il mestiere del cuoco:

Alla mancanza di queste scuole vive e parlanti cercherà il sottoscritto di supplire con far pubblico il frutto di una esperienza di ben 25 anni, scorta da una continua osservazione degli effetti e da una severa e coscienziata indagine delle cause. I libri che si hanno finora, in Italia massime, a tal riguardo oltreché non chiari abbastanza pel novizio nell’arte […].

Diviso in quattro fascicoli, uno per stagione, l’opera presenta quattro distinte prefazioni nelle quali vengono descritti i principali ingredienti, presenti in quella stagione sul territorio piemontese, e come fare per reperirli: ad esempio, se un cliente vuole comperare ottima carne di manzo deve andare dal signor Casalegno a Porta d’Italia (l’attuale Porta Palazzo), mentre per la carne di vitello dai signori Boggio, sempre a Porta Palazzo, o dal signor Buggia, a Porta Nuova.
Questo trattamento delle materie prime è sinonimo dell’attuale e diffusa cucina km 0, patrocinata da Carlo Petrini, che prevede l’utilizzo di materie prime fresche e di stagione presenti sul territorio.  Inoltre Chapusot, amante della scienza e della tecnica, è anche inventore. Perfeziona il potagé, fornello economico e funzionale alimentato principalmente a legna, dotato di formelle per pentole e casseruole, forno e spiedo per far cuocere arrosti, stufati e pasticci. Sponsorizza le attività commerciali dove i clienti possono comperare materie prime fresche, batterie di cucina, argenterie in Torino.
Il modo di cucinare di Chapusot, nella prima metà dell’800, è consistente e indispensabile per comprendere la cucina borghese di quel periodo: infatti esegue ricette semplici,con sapori netti e rigorosi, per famiglie ricche, anche se ci sono alcune descrizioni per la cucina di recupero.

Torna in alto