Da bravi torinesi sarete andati una volta a fare la spesa al mercato di Porta Palazzo e forse, aggirandovi tra le bancarelle, vi sarà capitato di imbattervi nella grande epigrafe murata in Piazza della Repubblica 24, dedicata al “Re ‘d Pòrta Palass”, FRANCESCO CIRIO. Chi era costui?
Francesco Cirio, nato a Nizza Monferrato (AT) il 24 dicembre 1836 (non il 25 dicembre 1835, come riporta erroneamente la lapide) da Giuseppe Cirio e Luigia Berta, morì a Roma il 9 gennaio 1900 ed è sepolto al Cimitero Monumentale di Torino.
E’ stato l’inventore dell’industria conserviera in Italia. Un uomo che si costruì da solo, grazie al suo ottimo fiuto per gli affari e al talento innato per il commercio. Francesco Cirio fa parte di quel gruppo di persone che nasce con le idee già proiettate nel futuro.
Non studiò Francesco, iniziò a lavorare fin da piccolo. In casa non c’erano soldi. Il padre cercava di sbarcare il lunario passando dal mestiere di mediatore in granaglie, a quello di negoziante a Fontanile e di sterratore ad Alessandria, sempre seguito dai figli. Si dice che il genio salti una generazione e infatti capitò tutto al suo intraprendente secondogenito.
Già a undici anni Francesco si recava al mercato di Nizza Monferrato, acquistava frutta e ortaggi che poi rivendeva porta a porta. A metà 1800, si trasferì a vivere con il fratello a Torino, dove continuò la sua attività: comprare alimenti all’ingrosso a Porta Palazzo, per rivenderli nei sobborghi. Francesco iniziò così a raggranellare un piccolo gruzzoletto che gli consentì di comprare un carretto, per svolgere più comodamente il suo lavoro.
Dopo alcuni viaggi e l’avvio di un commercio di prodotti ortofrutticoli rivolto alle città francesi e inglesi, l’instancabile Cirio presto cominciò a pensare ad un sistema che consentisse la conservazione delle verdure (molto richieste all’estero), affinché potessero essere esportate e magari anche consumate fuori stagione. Affittò dei locali in Via Borgo Dora 34 e nel 1856, a soli vent’anni, diede il via ai suoi esperimenti ispirandosi, per primo in Italia, al metodo inventato da Nicolas Appert nel 1795 –detto appunto “appertizzazione”-, che consisteva nella sterilizzazione di cibi cotti in contenitori chiusi ermeticamente. Riuscì infine, grazie alla sua “ardimentosa energia” (come recita la lapide di Porta Palazzo) a trovare il modo per conservare in modo adeguato gli alimenti. Di lì a poco Cirio inaugurò la sua prima fabbrica di conserve in scatola, la “Cirio-Società Generale Conserve Alimentari”.
La consacrazione avvenne nel 1867 all’Esposizione Universale di Parigi, a cui fecero seguito l’apertura di stabilimenti in altre zone d’Italia e d’Europa e l’avvio di attività parallele, come la coltivazione del tabacco piuttosto che l’esportazione di uova o l’apertura di un albergo. Nel 1880 la produzione di conserve Cirio superava i 10.000 quintali e i 49.000 quintali l’esportazione di prodotti ortofrutticoli all’estero (resa possibile grazie alla collaborazione con le Ferrovie Italiane e all’uso di appositi vagoni refrigeranti).
Francesco Cirio
Francesco Cirio era un analfabeta infaticabile, dotato di un sesto senso che gli consentiva di capire con facilità i bisogni del mercato e che lo portò in breve tempo al successo. Non lo rese però esente dalle invidie e gelosie dei concorrenti… il commerciante veronese De Cecco affermò: “Se non vi si mette riparo, Cirio diventerà padrone d’Italia”.
Purtroppo non tutto riesce sempre a filare liscio e infatti verso la fine della sua vita Francesco Cirio vide dissolversi la sua fortuna a causa di investimenti riusciti male. Dopo la sua morte l’azienda passò nelle mani della famiglia Signorini e fu trasferita a San Giovanni a Teduccio (NA).
E io che pensavo che la passata di pomodoro nel barattolo di latta fosse stata creata a Napoli! E’ invece un’invenzione tutta piemontese il barattolo antenato della Zuppa Campbell celebrata da Andy Warhol.
Per saperne di più sulla storia di Francesco e della Società Cirio, visitate il Museo Cirio, dal 2012 allestito presso il Comune di Castelnuovo Belbo (AT).