Ricca e sontuosa (specialmente in occasione di banchetti e ricevimenti) la cucina di Casa Savoia, e di conseguenza anche quella del Piemonte stesso, ha le sue radici nella più famosa cucina francese.
Nella seconda metà del 700 è iniziata in Francia la grande rivoluzione della gastronomia; le ricette vengono depurate nei gusti, alleggerite negli ingredienti; l’abituale miscellanea tra il dolce e l’agro, tra il salato e lo zuccherato lascia il posto ad una cucina pulita nei sapori, libera da sovrapposizioni e da un’opulenza che fino ad allora era stata protagonista della cucina europea.
Leggerezza, raffinatezza, equilibrio, dosaggio, armonia.
Era iniziata la nouvelle cuisine. Ebbene si! Sembra l’invenzione dell’ultimo minuto ed invece ci avevano già pensato quasi trecento anni fa.
Nouvelle Cuisine
Ma stiamo parlando della Francia, e l’Italia? Ora ci arriviamo.
Nel 1776 proprio facendo riferimento alle nuove linee guida, un anonimo cuoco piemontese ne pose le basi pubblicando “Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi che insegna con facil metodo a cucinare…”. Cuoco professionista, egli introdusse i nuovi principi appresi a Parigi. Fece un lavoro grandioso, operando direttamente sulle ricette.
Questo genio della cucina, nel suo testo e nelle molteplici edizioni successive, propose la sostituzione degli ingredienti originali con altri che rispecchiavano meglio il gusto piemontese, più facili da reperire o che semplicemente riteneva di miglior qualità come ad esempio il vino bianco secco al posto dello Champagne, i tartufi bianchi di Alba al posto di quelli neri del Périgord, le cipolle di Ivrea ed i cardi di Chieri furono preferiti a tutti gli altri; suo anche il merito della introduzione della pasta si semola in Piemonte.
Nelle edizione successive del suo ricettario inserisce più presentazioni di paste precisando, a proposito dei vermicelli, “ve ne sono dei bianchi e dei gialli, grossi e piccoli, e sono tutti egualmente buoni e quelli di pasta di Rivoli sono i migliori…” e ancora, ” vi è pur anche la semola, la quale è buonissima per gli ammalati o per persone che mangiano poco a cena e che vogliono conservare la loro salute“.
Oggi potremmo definirlo un ricettario a Km Zero
Nel suo libro di cucina troviamo una vasta gamma di ricette, ma troviamo anche un capitolo che spiega i doveri del mastro di casa, che per essere bene adempiuti, dimandano cure molto seriose; e una spiegazione dettagliata dei vari utensili di cucina.
Questo ci fa capire che il suo trattato era rivolto si ai cuochi professionisti, ma anche a anche a massaie e a tutte le persone che volevano cimentarsi in quella che allora, come oggi, era ritenuta una professione di notevole pregio.
La pubblicazione della sua opera consentì il diffondersi della cucina piemontese ad ampio livello e permise al Piemonte di divenire il più grande vivaio di cuochi dell’epoca.