FERT Foemina Erit Ruina Tua, la donna sarà la tua rovina.
Molte sono le storie e gli aneddoti relativi all’acronimo utilizzato come motto sabaudo, ma questo viene attribuito a Padre Sebastiano Valfré intento ad ammonire Vittorio Amedeo II per la sua peccaminosa relazione extraconiugale con Jeanne Baptiste D’Albert de Luynes.
Ma chi era questo prete di provincia che poteva osare tanto con il duca?
Sebastiano Valfré nasce a Verduno, un piccolo paese a pochi chilometri da Alba, il 9 marzo 1629. Scampato alla peste grazie alla lungimiranza del padre che si rifugia in una grotta, il piccolo Sebastiano, nonostante l’estrema povertà, ha la possibilità di ricevere un prima istruzione presso i Frati Minori Conventuali e successivamente entra in seminario a Bra, dove, nel 1645, riceve gli ordini minori.
Trasferitosi a Torino trova lavoro come copista nel Collegio dei Gesuiti e intanto prosegue gli studi filosofici da esterno. Nel 1651 si avvicina alla Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri dove inizia la sua particolare opera di evangelizzazione; con Padre Cambiani, evirato cantore, si reca nelle zone più frequentate della città.
Mentre Cambiani inizia le sue performance canore per attirare le folle, don Bastiano coinvolge, con le sue doti oratorie, gli astanti dandogli appuntamento per i giorni successivi e coltivando così le anime dei cittadini torinesi. Inizia così l’operato di Padre Sebastiano Valfré, tra la povera gente.
Ordinato sacerdote nel 1652 la sua fama raggiunge la nobiltà cittadina, fino alla corte sabauda e ben presto diventa educatore del piccolo Vittorio Amedeo II e confessore del duca Carlo Emanuele II di Savoia che, in punto di morte per dimostrare la gratitudine nei confronti di Bastiano, dona alla Congregazione il terreno per la costruzione della nuova chiesa dedicata a San Filippo Neri. Quando Vittorio Amedeo II sale al trono molto spesso si rivolge a Valfré per avere conforto e ispirazione soprattutto nelle complicate vicende tra la corte sabauda e la Santa Sede. Il rapporto con Padre Sebastiano continua anche con la nascita delle figlie del duca, Maria Adelaide e Maria Luisa, occupandosi della loro educazione.
La benevolenza da parte nobiliare (soprattutto in quanto assiduo frequentatore della corte sabauda) permette a Sebastiano Valfré di ottenere cospicue carità che incessantemente distribuisce ai poveri. Instancabilmente Don Bastiano corre da un capo all’altro della città per elargire cibi, abiti, coperte ai più bisognosi.
L’ammirazione della cittadinanza di ogni classe sociale cresce sempre più, così tanto che alla morte dell’arcivescovo Beggiano nel 1689, Vittorio Amedeo II propone Sebastiano Valfré per la sostituzione negli alti ranghi del clero torinese. Il prelato si batte con ogni mezzo per evitare una nomina tanto importante, argomentando la sua rinuncia con le sue umili origini. Bastiano sa che per ambire a così tanto potere è necessario avere origini aristocratiche e per convincere il duca, gli presenta il cencioso fratello da poco giunto a Torino in cerca di sussidi, al fine di dimostrare l’estrema povertà della sua famiglia.
Padre Sebastiano Valfré, e l’ assedio di Torino
Durante l’assedio di Torino nel 1706, il quasi ottantenne Padre Sebastiano Valfré prodiga tutto se stesso per assistere e confortare tutti coloro che, a causa del conflitto, si trovano in condizioni misere. Storie ed aneddoti raccontano che ora si trova sui bastioni a sostenere i combattenti, un attimo dopo nelle infermerie a confortare i feriti, nelle chiese a pregare per la fine della guerra, tra le macerie a rincuorare i miseri, a distribuire minestre calde agli sfollati rifugiati sotto i portici di via Po.
Valfré sembra avere il dono dell’ubiquità, è ovunque con il suo fagotto pronto a lenire le sofferenze di un’intera città. Tra le varie incombenze di cui si fa carico, durante la notte, infaticabile, sorveglia gli accampamenti dei soldati per evitare che le meretrici s’intrufolino tra le tende e distolgano i militari dall’impegno bellico…
L’opera di conforto del prelato non ha confini: spesso infatti si reca tra i soldati francesi catturati portando loro una piccola monetina con effigiata una piccola farfalla (parpajola, in piemontese). Tra i prigionieri d’oltralpe, Valfré ben presto diventa Père Parpaiole.
Padre Sebastiano Valfré muore il 30 gennaio 1710.
La giornata, più fredda del solito, inizia come tutte le altre con una visita al carcere per confortare un condannato, una messa e qualche confessione. Salita la febbre, Bastiano si corica nella sua piccola stanza, stracolma di viveri e vestiario preparati per i poveri, per pregare in solitudine, ma la febbre ha il sopravvento. Nelle ultime ore di agonia Vittorio Amedeo II si reca più volte al capezzale di Bastiano per assistere l’amato confidente.
L’intera città piange Don Bastiano, la sepoltura viene procrastinata per permettere alla popolazione di pregare la salma, che però viene ben presto messa sotto scorta armata poiché alcuni fedeli con la scusa di abbracciarlo cercano di impadronirsi di parti di abiti, capelli, unghie e quant’altro può essere trasformato in reliquia.
Neppure con la morte è riuscito a trovare pace.
Quello che è indubbio è il segno lasciato da Sebastiano Valfré tra la gente; dieci anni dopo la sua morte, infatti sarà beatificato da Gregorio XVI.