E venne così il giorno!
Tra una battaglia e l’altra Vittorio Amedeo II decide di trovare una sistemazione per i pazzerelli di Torino costretti a sopravvivere nelle strade anguste e buie della piccola capitale del regno.
Abbandonati dalla famiglie terrorizzate, i pazzi erano costretti a vivere in strada dove non trovavano alcuna forma di conforto e quotidianamente erano oggetto della derisione dei torinesi che li maltrattavano psicologicamente e fisicamente. A dire il vero esisteva un ricovero al San Giovanni di Dio che ospitava i pazienti delle famiglie ricche che pagavano una pigione appena sufficiente a garantire un pasto caldo al proprio familiare.
Vittorio Amedeo II decise di porre rimedio a questa situazione vergognosa con la costruzione di un ospedale specializzato per i pazzi perché, come ebbe a dire lui stesso “molti di essi periscono talvolta senza essere soccorsi, giusto che, alcuni, ai quali facendosi li opportuni rimedi, possono essere risanati.”
Il conte Ceveris, incaricato di provvedere alla realizzazione del desiderio reale, era a conoscenza del desiderio da parte della confraternita del S.S. Sudario di erigere un oratorio e propone loro uno scambio: le casse reali avrebbero messo soldi e terreno mentre i confratelli si sarebbero fatti carico della gestione della struttura. Ovviamente la confraternita non se lo lasciò ripetere e in brevissimo tempo presentò un progetto dettagliato da realizzare in tre anni.
Il re accolse con entusiasmo la proposta ma con una precisazione: finchè l’ospedale non sarà ultimato sarà cura della confraternita trovare una sistemazione provvisoria ai pazzerelli. Per sostenere le spese necessarie a accudire una ventina di mentecatti nella contrada San Dalmazzo il re staccò due assegni, uno da 10000 lire per la confraternita e uno da 10000 lire per la compagnia di San Paolo.
Deve ancora cominciare la costruzione dell’ospedale che già cominciano i primi problemi.
In quel periodo la confraternità del S.S. Sudario si stava trasferendo nella chiesa di Santa Maria di Piazza e in molti non vedevano di buon occhio l’arrivo dei pazzi nella borgata: la loro presenza avrebbe impedito lo svolgimento delle cerimonie e avrebbe creato disagio alle famiglie che ci vivevano.
Vittorio Amedeo accolse le lamentele e per porvi rimedio donò un terreno nell’isola San Isidoro per la costruzione dell’ospedale e 10000 lire per i lavori, ai quali si aggiunsero 10000 lire da parte della Compagnia San Paolo e altre donazioni raccolte qua e là.
Nella stessa occasione, con le regie patenti del 10 luglio 1728, il re dettò una serie di regole per la gestione dell’ ospedale e da alcune si capisce quanto fosse per lui importante questa struttura: esenzione totale dalle gabelle per gli alimentari e i beni necessari al funzionamento dell’ ospedale, obbligo da parte dei familiari di contribuire alla spese in base alle proprie disponibilità, autorizzazione a raccogliere l’elemosina in tutti gli stati sardi e, la più importante, la direzione e l’amministrazione della struttura a carico dell’ ospedale.
L’ospedale dei pazzerelli
Gli anni che seguono vedono la costruzione della struttura, dell’oratorio, dei locali necessari alle attività dell’ ospedale. e a più riprese vennero stabili e perfezionati tutti gli aspetti del funzionamento dell’ospedale, amministrativi, logistici e medici.
Talvolta qualcuno si lamentò per il deprezzamento degli immobili in borgata a causa di una struttura che ospitava sempre più pazienti provenienti da tutte le città ma l’ospedal continuava a crescere tanto che fu necessario affitare l’adiacente ‘Casa Comogli’.
E poi, e poi.. aperto nel 1793 l’ospedale dei pazzerelli lascerà il posto al Regio Manicomio.. ma questa è un’altra storia.