È il 1826 e nelle città sono soliti esibirsi saltimbanchi, acrobati e ciarlatani di ogni sorta. Torino non è da meno, e nelle piazze cittadine spesso questi artisti di strada allietano i passanti con i loro numeri.
Cartelloni da giorni pubblicizzano il volo dell’ asino in Piazza Castello ed, ovviamente, parliamo di un asino vivo.
Una fune viene fissata tra Palazzo Madama ed una soffitta dell’albergo d’Europa (dove ora c’è la torre Littoria) e alcuni saltimbanchi intrattengono il numerosissimo pubblico accorso a vedere “l’asino che vola”.
Ad un certo punto, dalla finestra della soffitta, ecco uscire un asinello recalcitrante appeso alla fune per mezzo di una fascia posta sotto l’addome. L’asino scalcia e si dimena, ma non appena s’accorge del vuoto sottostante, spaventato all’inverosimile, rimane immobile. La piazza gremita da migliaia di persone applaude e la povera bestiola viene lasciata scendere verso Palazzo Madama.
La paura del somaro fa novanta e, a quanto pare, gli abiti degli astanti che si trovano al di sotto della fune, non rimangono indenni. Tutto sommato l’asinello si è presa qualche rivincita.
La gravità fa il resto.
Il somarello prende velocità e lo sciocco spettacolo termina tragicamente con lo schianto della bestiola contro Palazzo Madama. Un boato di urrà ed applausi accoglie l’epilogo dell’esibizione.
Il fatto fortunatamente non piace a tutti e per un certo periodo, a ragione, Torino assume l’appellativo di “Beozia piemontese”.
Sempre di Asini si ciarla!
Allora come oggi è difficile trovare limiti al peggio.