“Era una notte buia e tempestosa”… no, non è l’incipit adatto. Riproviamo. “Alle 10.30 il sole vinse le nubi, come per arridere a questa festa non pure torinese, ma italiana”… ecco, così va meglio!
Queste sono le parole con cui la Gazzetta Piemontese descrisse la mattina dell’inaugurazione del monumento a GUSTAVO MODENA (1803-1861), attore e patriota veneto. Era il 24 aprile 1900.
Alcuni di voi si chiederanno: “Dove si troverà mai?”. La domanda è legittima, anche perché questo monumento è talmente imboscato che quasi non si nota, ma è proprio in centro a Torino!
E’ immerso in una siepe dell’Aiuola Balbo (lato Via Cavour), a ridosso dell’area-giochi. Da lì Gustavo Modena scruta con sguardo fiero i bimbi che si divertono, ignari di quella che è stata la sua tumultuosa vita.
Gustavo è stato uno dei più grandi attori del XIX secolo. Molto prima di Roberto Benigni, fu lettore acclamato della Divina Commedia. Seguace di Pippo (non Baudo ovvio, ma Giuseppe Mazzini), sin dal 1821 fu attivo nelle lotte per l’indipendenza italiana. Secondo lui il teatro doveva avere una funzione educativa, di propaganda degli ideali risorgimentali, soprattutto nei confronti degli strati più umili del popolo. Gustavo Modena non riuscì ad assistere all’Unità d’Italia perché morì poco prima, il 20 febbraio 1861, a Torino. L’idea di celebrare l’artista con un monumento pubblico si concretizzò solo nel 1897, grazie al Comitato creato da Giuseppe Cauda, giornalista esperto di teatro. Lo scultore prescelto fu il mitico Leonardo Bistolfi.
Ora mi trovo di fronte al monumento. Chiudo gli occhi. Non mi curo del venditore ambulante seduto sulla panchina proprio davanti a me. Anche le urla dei genitori che sgridano i loro pargoli spariscono.
E’ la mattina del 24 aprile di 114 anni fa. Raggiungo Piazza San Carlo, dove si è riunito alle 10 il corteo. Percorriamo un tratto di Via Roma (ma è senza portici!) e raggiungiamo l’Aiuola Balbo. La folla si assiepa fuori dai cancelli del giardino. Dentro ci sono “parecchie gentili e intellettuali signore”, con cappellini e parasole all’ultima moda, circondate da molti personaggi illustri, nei loro panciotti con l’orologio da taschino e il bastone da passeggio.
Alle 10.30 cala il silenzio. Il giornalista Cauda presenta l’ospite d’onore, il poeta emiliano Enrico Panzacchi (“giovine, salva un po’ di brina che gli si è fermata sui capelli”), che in 45 minuti racconta la vita del Modena. Dopodiché il monumento viene scoperto tra gli applausi (vedo Bistolfi che si liscia compiaciuto i baffi) ed è formalmente donato al Comune di Torino.
Mi sporgo per vedere anch’io l’opera: sul piedistallo è il busto in marmo del patriota, vestito con eleganza e rivolto lievemente a destra. Sul suo petto è una fronda di alloro, simbolo di gloria. Le caratteristiche linee di Bistolfi, sinuose e sfuggenti, rendono movimentato il busto: sembra investito da una folata di vento che scompiglia il fiocco che chiude al collo la camicia dell’attore. Ai lati del piedistallo sono raffigurate le maschere della Patria e dell’Arte, sul retro vi sono una cetra e una spada: tutto ricorda il duplice impegno del Modena come attore e patriota. L’epigrafe fu dettata dal poeta e critico letterario, Arturo Graf:
“GUSTAVO MODENA / PER ALTEZZA D`INGEGNO / PER CARITA` DI PATRIA / PER INTEGRITA` DI VITA / DEGNO DI ACCOMPAGNARSI COI SOMMI / L`ARTE SCENICA ADERSE / A MAGISTERO SUPREMO / DI VERITA` DI VIRTU` DI BELLEZZA / MEMORABILE ESEMPIO / A IMITATORI ED EMULI / DI VERA GLORIA BRAMOSI / 1803-1861”
Come si conclude la mattinata? Brindando e mangiando all’Hotel d’Angleterre (davanti alla Chiesa di Santa Teresa), dov’è stato preparato un banchetto per 50 convitati. Io non sono stata invitata perciò riapro gli occhi e ritorno nel 2014. L’ambulante è sempre sulla panchina: mi guarda e forse si chiede se sono tutta in quadro. Vabbé.
Gustavo Modena
Quando l’anticlericale Modena morì, ebbe funerali civili e fu sepolto nel settore acattolico del Cimitero Monumentale di Torino, un luogo sicuramente meno esposto ai vandali che nel frattempo hanno scarabocchiato un monumento che in pochi si fermano a guardare (ma perché non gli cascano le mani quando l’idea di rovinare un’opera d’arte gli sfiora il cervellaccio bacato?).