Torino 1706, strani divieti: le noci.
“Estate del 1706, i 46.000 abitanti della città sono allo stremo delle forze, i viveri scarseggiano e le munizioni vengono usate con estrema parsimonia per evitare sprechi. I rifornimenti non arrivano a causa delle continue incursioni delle truppe gallispane che bloccano i convogli con generi alimentari e munizioni. I torinesi resistono con i denti nell’attesa dell’arrivo delle forze austriache con a capo il principe Eugenio di Savoia Soisson e come succede spesso i tali occasioni, si ingegnano”.
Con la scarsità delle materie prime il mercato nero fioriva e tutto era recuperabile e vendibile, persino le munizioni; un particolare editto datato 8 luglio firmato da Virico Daun, generale austriaco responsabile della difesa della città, minacciava una multa di venticinque scudi d’oro a chiunque era colto a maneggiar bombe o altri proiettili che cadevano in città. L’editto specificava un prezzario per ogni tipo di munizione consegnata ai signori Tenca e Resca deputati del Consiglio d’artiglieria: 2 lire per ogni bomba grossa intera, 25 soldi per ogni bomba piccola intera, 10 soldi per ogni rubbo di rottami di bombe (1 rubbo corrispondeva a circa 9 Kg), 5 soldi per ogni palla da getto superiore alle 20 libbre (1 libbra corrispondeva a poco meno di 500gr) mentre quelle di peso inferiore 3 soldi e quattro denari cadauna. Sembra che la caccia ai residuati bellici abbia permesso di arrotondare le misere tasche dei soldati di guarnigione della città.
Un altro particolare avviso comparve in città il 19 luglio, sempre firmato da Daun: divieto assoluto di introdurre in città noci per motivi igienici.
Ci si domanda subito cosa ci sia di insano nelle noci. Niente! Il motivo igienico era un semplice pretesto per evitare di introdurre il frutto proibito, le motivazioni erano molto più peculiari.
Una delle piaghe che affliggevano Vittorio Amedeo II era il dilagare della diserzione. Le truppe venivano incitate da più parti ad abbandonare la retroguardia, e vane risultavano le pene intimidatorie; l’impiccagione dei disertori non bastava a mitigare la calamità e i traditori aumentavano di giorno in giorno.
A quanto pare una delle modalità con cui i soldati sabaudi venivano invitati a disertare erano proprio le noci.
All’interno dei gusci vuoti venivano nascosti piccoli messaggi di propaganda che esortavano l’abbandono della città per rendere più facile l’ offensiva dei francesi.
Fortunatamente per Torino ed i suoi abitanti tutto è andato nel migliore dei modi, le noci non sono bastate e gli eroi del 1706, Eugenio, Pietro, Amedeo e i torinesi tutti, sono riusciti a salvare le sorti della nostra città. Nel XVIII secolo messaggini vari, bustarelle e mercato nero non erano ancora in grado di distruggere l’amore che i torinesi avevano per la loro città.