Voodoo, pratiche nella Torino del ‘700

Voodoo, pratiche nella Torino del '700

Voodoo é un termine che non si accosta alla capitale Sabauda.
Spulciando vecchi testi si scopre, però, che superstizione, pratiche rituali e talismani magici anche a Torino avevano la loro influenza.
Che ‘l’abito non fa il monaco’  é un dato di fatto, ma le numerose processioni religiose che si susseguivano all’ interno della Cittadella attiravano profittatori e delinquenti  travestiti da monaci. L’ abito permetteva di avvicinare le povere vittime e vender loro talismani o amuleti che promettevano di alleviare le sofferenze della povera gente.
Non tutto era però vendibile. Certe superstizioni bisognava coltivarle all’ interno delle propria mure domestiche, al riparo da occhi indiscreti e dal temuto Tribunale dell’ Inquisizione, e necessitavano di un preciso cerimoniale che cambiava in base a cosa si voleva ottenere.
Inveire con aghi accuminati e pronunciare incomprensibili frasi  sembra portasse alla morte la persona personificata  dalla statuetta di cera.

Il Voodoo in Piemonte

Oggi si cerca di tollerare o perlomeno di eliminare ignoranti credenze che fanno presa su chi é psicologicamente fragile per le mille difficoltà della vita, ma ai tempi Vittorio Amedeo II la sorte di chi praticava questi rituali era tutt’altra.
Nel 1716, Clara Maria Brigida Ribollet fu condannata a morte per aver dato forma al suo personale bambolotto di cera raffigurante il ‘Principe di Piemonte‘.
La statuetta, probabilmente plasmata pronunciando chissà quale strana litania latineggiante, era formata da un macabro composto di terra di cimitero, olio Santo, sangue di gatto e sangue e cervella di bambini.
Onestamente non sappiamo se Clara Maria sià stata uccisa per aver praticato un rituale così oscuro o per aver attentato alla vita del Principe. Sappiamo però che la stessa sorte tocco ad altre persone all’ interno del regno che, purtroppo o per fortuna, non ci hanno lasciato la ricetta esatta per creare la nostra personalissima statuetta.

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